Il Fiumicello (Zime) è certamente il corso d’acqua più interessante e ricco di storia per la comunità di Megliadino San Vitale.

Ha origine dalla chiavica “Dozza” sul Frassine, dal quale riceve le sue acque. Per secoli ha alimentato il fossato che circonda le mura di Montagnana, ha messo in movimento le pale dei mulini, ha favorito l’agricoltura, sostituito strade che non c’erano o erano impraticabili, accogliendo barche piccole o grandi cariche dei prodotti della terra. E’ il Fiumicello che ha permesso la realizzazione dei maceratoi di tutto il territorio, compreso quindi quello di Megliadino. Aveva un’importanza vitale per l’economia e per la vita in generale nel Montagnanese e nella Scodosia, e Montagnana fu sempre severissima nel concedere le sue acque a privati rivendicando gelosamente su di esso i propri diritti. Le carte dell’epoca mostrano che già prima del 1416 il Fiumicello scorreva fino ai confini di Megliadino e di qui vagava, come il Fratta, per fondi paludosi.
Dai verbali consiliari di Montagnana si può rilevare che fu sempre posta gran cura e si sostennero notevoli spese per lo scavo e la manutenzione del Fiumicello ogni due anni. L’abbondante flusso era regolato con cura, in particolare durante il periodo del macero della canapa, per soddisfare i bisogni della Comunità e dei paesi circostanti.
E dalla concessione dell’acqua la città murata doveva ricavare consistenti entrate, se è vero che per quasi cinque secoli, dagli inizi del ‘400 alla fine della dominazione veneziana e oltre, come si può leggere nei libri dei Consigli della Comunità, Montagnana si appellò a Venezia per vedere riconosciuti i suoi diritti sul Fiumicello.
Le controversie con i ricchi proprietari terrieri (Dotto, Abriani, Mocenigo) legate alla manutenzione del fiume e alle concessioni d’acqua erano all’ordine del giorno, nonostante essi si dichiarassero disposti a contribuire alle spese per i lavori.
Il problema si trascinò fino a tutto il XIX secolo. In un processo verbale del 1876 Montagnana e la ditta Foratti sostenevano la proprietà privata delle acque del Fiumicello contro le autorità statali italiane che, come quelle austriache, le consideravano acque pubbliche. A sostegno della loro pretesa adducevano il fatto che il corso d’acqua sarebbe stato acquistato dalla città nel 1405. In un altro documento del 28 aprile 1877 Montagnana vantava il possesso del fiume anche in territorio di Casale, che il 16 maggio 1416 le avrebbe concesso senza condizione alcuna di escavarne l’alveo. E in una seduta del consiglio di Montagnana del maggio 1877 si ribadiva che il Prefetto di Padova non poteva concedere di sua iniziativa ai comuni del territorio le acque del Fiumicello, che appartenevano a Montagnana “per diritto secolare”.
Sempre nel maggio 1877 l’ing. Pertile chiedeva al Prefetto l’autorizzazione ad un progetto di ampliamento dei maceratoi di Megliadino S. Vitale, che da 3.841,60 mc. avrebbero dovuto essere portati a 6.055 mc. “per maggiori bisogni dei propri comunisti”.
Va ricordato che proprio in quel periodo il conte Pasqualigo, medico condotto di San Vitale, difese a chiare lettere nel suo libro “Di Megliadino …” la tesi secondo cui il Fiumicello era presistente addirittura al dominio dei Carraresi di Padova, citando un documento dell’anno 954 nel quale si parla di un “fossadum antiquum” che da questi dintorni scorreva fino all’Adige. Un altro del 1099 nomina un luogo tra Casale e Megliadino chiamato “Ponte” (non poteva che essere un ponte sul Fiumicello!).
Lo stesso Foratti, nella sua opera su Montagnana, rifacendosi al documento del Podestà di Padova del 1277 che dettava disposizioni sull’escavo del Fiumicello dal Frassine a Montagnana, lo chiama “Fiume vecchio“. Se pensiamo che invece il Frassine era chiamato “Fiume novo” e osserviamo che il suo tracciato, a differenza di quello del Fiumicello, è quasi rettilineo, si può supporre che quest’ultimo preesistesse allo stesso Frassine. Come infatti ebbe a dire a questo proposito il prof. Corrain, la natura fa le cose storte; è l’uomo invece che le fa diritte.
Anche A.Giacomelli, storico di Montagnana, nella sua opera “Notizie e ricerche per la storia di Montagnana e del suo territorio dalle origini al 1000 di Cristo“, Vicenza 1976, p. 23, sostiene la presenza del Fiumicello prima del 1275. Crediamo si possa concludere che la secolare disputa sul Fiumicello non sia estranea al fatto che unicamente se esso era considerato un “canale privato” di Montagnana potevano ritenersi legittime le tasse di concessione delle sue acque che i comuni circostanti dovevano pagare, e non solo per la macerazione della canapa.
Forse nuove indagini e i moderni mezzi di ricerca sul territorio, come la fotorilevazione aerea a raggi infrarossi, potranno chiarire tanti punti interrogativi. Attraverso queste fotografie il prof. Corrain, mente e cuore del “Gruppo della Bassa Padovana”, ha individuato nelle valli di S.Vitale tracciati rettilinei della centuriazione romana che, proprio in corrispondenza del Fiumicello, cambiavano nettamente direzione. Allora il Fiumicello esisteva anche in epoca romana? Era forse un ramo dell’Adige? Non ci sono elementi per dare una risposta definitiva; certo non è una ipotesi da escludere, ma su cui indagare ulteriormente.
Rattrista oggi constatare come in questi anni il tracciato del “Zime”, così ricco di storia e legato alle vicende umane, sociali, economiche di chi nei secoli passati ci ha preceduto in questi luoghi, sia rimasto in parte sconvolto dall’urbanizzazione, dal passaggio dell’autostrada Valdastico e, prima ancora, sia stato addirittura completamente interrato nel suo ultimo tratto, quello che conduce a Valli Mocenighe.